10 domande a Federico Filippi

Carta di identità

27 anni, Laurea Magistrale in “Lingue moderne, Letterature e Scienze della Traduzione” alla Sapienza, lavora come traduttore e svolge volontariato per l’insegnamento dell’italiano a stranieri presso varie scuole.

1)    Sei un volontario davvero impegnato. In quante scuole insegni?

In tre scuole, grazie a due associazioni. Con Piuculture l’intervento viene condotto in due scuole medie:  l’ I. C. “Falcone e Borsellino”, vicino a Piazza Bologna e l’I. C. “Piazza Filattiera 84” al Nuovo Salario. Con l’associazione La lingua del Sì invece ci occupiamo dei bambini della scuola elementare dell’I.C. “Goffredo Petrassi”, vicino a Ponte Milvio.

2)    Quante ore insegni a settimana e come mai un lavoro così intenso?

Circa otto ore a settimana, al mese complessivamente sono trentaquattro. Mi sono impegnato con questo carico di ore per due motivi. Il primo, quello pratico, è che per accedere all’esame per il diploma DITALS (Didattica dell’Italiano come Lingua Straniera) di II livello sono necessarie 300 ore di “insegnamento attivo”, come recitano i nuovi requisiti. Il secondo, quello per cui ho ho dato una così grande disponibilità, è che credo molto nel lavoro sul campo. I libri certo ci danno tante informazioni tecniche, ma si basano su modelli per lo più astratti. Dal vivo è un’altra cosa. Inoltre insegnare da esterno in una scuola statale ti dà la possibilità di osservare come i ragazzi vivono questa situazione e magari aiutarli con più efficacia.

3)     Quanti bambini segui?

A “Piazza Filattiera 84” seguo due bambini: un brasiliano, Luigi e una keniota, Kesya.  Alla “Falcone e Borsellino” aiuto Stefano, nato in Italia da genitori ecuadoregni,  un ucraino, Egor e un bambina del Bangladesh, Mithila. Il lavoro alla “Petrassi”, invece è su dieci bambini che formano una vera e propria classe multiculturale, che tocca quasi tutti i continenti. Certo, tutti questi interventi, che ovviamente eseguo con altri collaboratori, sono su ragazzini di età, lingua e cultura diverse, ma io cerco sempre di riunirli in ciò che li accomuna: l’apprendimento della lingua italiana.

4)    In che rapporti sei con gli insegnanti delle scuole?

Direi molto buoni. Certo all’inizio c’è sempre un po’ di diffidenza da entrambe le parti, ma poi si riesce sempre a trovare un raccordo tra le didattiche. Per esempio a “Piazza Filattiera” mi coordino con i programmi scolastici, mi consulto spesso con l’insegnante di Italiano, perché, come ho detto prima, colgo sempre l’occasione per imparare. Come impostare la gestione del tempo, ad esempio, o come sviluppare precise tecniche di insegnamento. Sul piano didattico, devo dire, mi hanno lasciato ampia libertà di scelta.

5) Hai insegnato anche ad adulti? E che differenza c’è tra l’atteggiamento di un bambino e quello di un adulto?

Sì. L’insegnamento a minori è recente. A dispetto di un adulto il bambino è ovviamente più disinvolto, impara più rapidamente, non vede l’apprendimento come un obbligo, se glielo si pone come un gioco. Gli adulti invece sono carichi di molti problemi, sono ansiosi, stanchi, hanno fretta ed è evidente che la maggior parte di loro impara per necessità.

6) Tu traduci dall’Inglese all’Italiano e dallo Spagnolo all’Italiano. Ti aiuta questo nell’insegnamento?

In realtà sono due attività che si alimentano a vicenda, sono vasi comunicanti. Sono cosciente per esempio della difficoltà dei ragazzi a imparare una nuova lingua, perché anch’io a volte mi trovo in difficoltà a riportare un giro di parole inglese o spagnolo in Italiano. Credo che insegnare l’Italiano da madrelingua mi aiuti a consolidare la conoscenza che ho della lingua italiana. Quindi, in questo senso non è una attività unilaterale, ma piuttosto alimenta entrambi.

7)    Qual è la difficoltà maggiore che hai incontrato nel rapporto con i bambini?

Da ex-studente capisco la loro irrequietezza. Vorrei essere più paziente, vorrei far emergere al meglio le loro capacità e tendo a scoraggiarmi se il bambino non impara come vorrei. Forse è una questioni di esperienza, che ancora non ho.

8)    Quando e perché hai deciso di fare il volontario in questo settore?

E’ stato un percorso naturale, da ragazzino agli Scout, poi come volontario per varie associazioni umanitarie come “Humilitas Onlus”, e anche il periodo con la Caritas dove mi occupavo della segreteria e affiancavo gli insegnanti. Aiutare non solo perché è giusto, ma anche perché è utile alla nostra crescita umana e professionale.

9)    Insegnare la consideri la tua professione oppure è stata una scelta obbligata?

La mia altra attività sono le traduzioni, ma i miei genitori sono insegnanti. Diciamo che è un modo di mettermi in relazione con un mondo che ho quasi nel DNA (ride).

10)  Cosa pensi della Rete Scuolemigranti e cosa credi dovrebbe fare la Rete per aiutarvi?

Sono da troppo poco tempo nella Rete per “suggerire”. Auspicherei però che gli interventi nelle scuole possano diventare non solo una occasione di volontariato, ma anche un’occasione “lavorativa”, sotto forma di tirocinio remunerato, per coloro che si avvicinano all’insegnamento dell’Italiano L2. Perché è poi di un servizio che parliamo, un servizio all’interno della scuola pubblica. Per il resto penso che la Rete dovrebbe andar fiera del proprio status di grande collettore di esperienze e di professionalità. In questo senso dovrebbe far valere i propri diritti, magari anche “esigendo” dei doveri all’Università di Siena. Una fra tutte: ottenere per tutte le associazioni il riconoscimento dell’“insegnamento qualificato”, che ad oggi può essere rilasciato solo da scuole statali, CTP, ASILS enti convenzionati DITALS e CILS. Vale a dire: diteci cosa fare e vi mostreremo che sappiamo farlo.

Scuolemigranti

10 domande a Federico Filippi

10 domande a Federico Filippi