L’Assmi, una scuola di missione

Corsi di lingua e formazione professionale

Suor Adriana è un vulcano in eruzione. Non sta mai ferma. Carezza la bambina di Capo Verde che si prepara alla lezione d’italiano, dà consigli ai volontari, ci presenta un professore, registra le presenze nelle classi. Infaticabile, è un po’ la mamma di tutti, e la vera anima dell’Assmi, l’Associazione Scalabriniane con/per i migranti (www.assmi.it), ospitata in una palazzina gialla di quattro piani in via Alba, nel quartiere Tuscolano. Da tre anni e mezzo è responsabile del centro per stranieri, un punto di riferimento fondamentale per chi lavora e vive nella zona ma viene da un Paese lontano. All’Assmi nascono tante speranze, si costruisce un futuro un po’ meno difficile per chi è approdato in Italia in cerca di una nuova vita. Qui si diventa meno invisibili. “E’ una scuola di missione” dice suor Adriana. “Accoglie tutti cercando di valorizzare la persona, farla sentire a casa propria”. Tant’è che tra queste mura c’è anche un vero sostegno psicologico: sedute di psicoterapia per migranti. Grandi e piccoli.

L’attività principale dell’Assmi, però, è la scuola d’italiano. Parte dal livello più basso, l’A1, cui seguono l’A2 (permette di ottenere un attestato indispensabile per chi richiede un permesso di soggiorno superiore ai cinque anni) e il Celi (Certificazione italiano generale) che consente l’accesso all’università. Le lezioni, compresi diversi doposcuola, si svolgono dalle 15 alle 18,30. Poi ci sono altri corsi, con i quali il centro di via Alba offre diverse opportunità a chi bussa alla sua porta. Dalle 19 alle 21 in vari giorni della settimana si tengono due corsi d’inglese (uno base e uno avanzato); il corso di fotografia; un corso di giornalismo che permette, attraverso la realizzazione di siti o riviste, di mantenere un contatto con il Paese d’origine; il corso di massoterapia con rudimenti di pronto soccorso, utile per  chi svolge il mestiere di badante, un corso di informatica che consente di ottenere una qualifica europea. Infine le lezioni per modelliste, tenute proprio da suor Adriana.

Le aule si chiamano ognuna con il nome di un continente e alle 16, durante la nostra visita, sono tutte affollate di studenti, incollati sui quaderni o di fronte al computer. “Quando sono arrivata tre anni fa ero un po’ spaventata dalla mole di lavoro” sorride la religiosa. “Poi però mi sono buttata”. All’Assmi, con lei, lavorano trenta volontari. Alcuni sono maestri o professori in pensione, altri giovani che non hanno ancora trovato un’occupazione stabile, altri ancora sono tirocinanti Ditals, il corso universitario per insegnare l’italiano come lingua straniera.  Gli studenti che imparano l’italiano o i bambini che frequentano il doposcuola sono quasi duecento. I più piccoli hanno sei anni, i più anziani potrebbero essere i loro bisnonni. ” L’anno scorso ho insegnato a una donna di 75 anni e ad un uomo di 85″ racconta una volontaria.

Ma come si fa a mantenere il centro per stranieri?
“Abbiamo destinato un piano della palazzina a bed and breakfast, ma quel che ci rende è una goccia nel mare” spiega suor Adriana. “Il resto dei fondi ci arriva dall’ordine provinciale delle scalabriniane”.  E anche dalla generosità di qualche italiano. I tavoli bianchi che sono allineati nelle aule, le lavagne e le sedie, per esempio, sono tutti dono di uno studio di architetti.

Il metodo di insegnamento, l’approccio con gli allievi, sono fondamentali per il successo della scuola. Come spiega Carol Rhay, una ragazza libanese, arrivata anni fa in Italia con il sogno di lavorare un giorno nell’ambasciata italiana del suo Paese. Invece Carol ha incontrato suor Adriana e oggi e si spende con passione come volontaria. Conosce molte lingue tra cui l’arabo, il francese e l’inglese. “Sono figlia di un professore” racconta. “Forse ho ereditato un po’ di abilità da lui. In realtà ho una mia ricetta speciale: ho imparato ad abbassare il muro emotivo, faccio capire ai miei allievi che hanno paura di sbagliare che tutti sbagliano, ascolto le storie della loro vita, condivido le loro angosce e le loro paure. All’inizio avevo cominciato a insegnare con un approccio linguistico: traducevo l’italiano nella lingua dei miei allievi. Ora invece parlo solo in italiano e creo un laboratorio didattico. A volte lascio decidere il tema della lezione ai miei studenti. Parliamo di difficoltà quotidiane, dell’integrazione, dei diritti di cittadinanza. Capisco i loro timori e cerco di aiutarli. Alla fine diventiamo amici, quasi fratelli”. Ma questo non impedisce che nelle lezioni si lavori sodo e che sia richiesta una presenza costante. “Se non vengono alle lezioni o non si concentrano” dice Carol “ricordo loro che abito molto lontano e che prendo tre autobus per arrivare fino a qui”.

Tanti stranieri, uomini e donne, sono usciti dalla palazzina gialla di via Alba con una padronanza della lingua, una piccola qualifica professionale, una sicurezza di sé che prima non avevano.
Qualcuno è riuscito a fare in Italia lo stesso mestiere che faceva nel Paese d’origine. “Mi avvilisce profondamente quando vedo un laureato o un diplomato impiegato in un lavoro che non gli permette di esprimere ciò che ha imparato” dice suor Adriana. “Con Giulia, per fortuna, non è andata così. E’ arrivata dall’Ucraina con un diploma di infermiera che però in Italia non aveva valore. Un sindacalista della Cgil ci ha molto aiutate, spiegandoci le complesse procedure che dovevamo seguire per far riconoscere il titolo di Giulia e alla fine ci siamo riuscite. Oggi lei ha 35 anni, lavora all’ospedale San Giovanni, è sposata e aspetta un bambino”.  Anche la storia di Koffi è di quelle che rafforzano le speranze di chi arriva. Lui veniva dal Madagascar dove aveva lasciato la moglie e quattro figli in miseria. Nel suo Paese faceva l’insegnante di francese e grazie ai corsi del centro migranti di via Alba ha imparato bene l’italiano. “Adesso fa il mediatore culturale e lavora in una casa famiglia” racconta Suor Adriana. “E’ riuscito a portare in Italia due delle sue figlie e le sta facendo studiare. E’ un ragazzo intelligente, prezioso, tant’è che fa parte anche del consiglio direttivo della nostra associazione.

Questa è l’Assmi, ma potrebbe diventare qualcosa di più. Suor Adriana non smette mai di sognare. Per esempio un corso per restauratori, anche se per ora non ha trovato uno spazio adatto. Presto, però, darà vita a una radio dedicata alle donne che racconti le loro esperienze a quelle che sono rimaste in patria. Spera che la scuola pubblica italiana apra le sue aule per i doposcuola tenuti dai volontari dell’associazione. Magari ripagando il loro lavoro almeno con un rimborso spese. Perché no?

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